Tumori, in Italia percorsi nutrizionali adeguati in metà centri
Indagine Cipomo, ancora forti disomogeneità territoriali
Solo metà dei centri oncologici italiani dispone di percorsi nutrizionali strutturati e accessibili in modo uniforme, con forti differenze territoriali sbilanciate verso il Nord Italia. Nella metà dei casi la valutazione nutrizionale alla diagnosi non viene effettuata regolarmente e spesso è riservata solo ai pazienti con calo ponderale evidente. Sono alcuni risultati della ricerca 'Percorsi di screening nutrizionali in oncologia' promossa dal Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) che sarà presentata al congresso nazionale dell'Associazione Italiana di oncologia Medica, dal 7 al 9 novembre a Roma. L'indagine, su un campione di 100 ospedali, evidenzia come in quattro centri su dieci non vengano raccolte neppure le abitudini alimentari dei pazienti. Il 52% delle risposte proviene dai centri del Nord, il 29% dal Centro e il 19% dal Sud Italia, numeri che rispecchiano la diversa concentrazione delle strutture nel Paese. "I dati confermano che la nutrizione resta una delle aree più trascurate in oncologia pur avendo un impatto diretto sugli esiti clinici - commenta Paolo Tralongo, presidente Cipomo - È prioritario uniformare l'accesso a percorsi nutrizionali dedicati, perché non può esserci una qualità di cura diversa a seconda del territorio". "Uno stato nutrizionale non adeguato incide negativamente sulla qualità di vita, sulla tolleranza ai trattamenti, sulla prognosi e sui costi sanitari. - aggiunge Federica Grosso, responsabile scientifica della ricerca - Fotografare e misurare il problema significa renderlo evidente, sensibilizzare la comunità oncologica e promuovere interventi concreti per il futuro". Lo studio mostra come l'impiego di strumenti validati di screening, raccomandati dalle linee guida Espen e richiamati anche da Aiom, non sia ancora diffuso in modo omogeneo. "La valutazione nutrizionale precoce alla diagnosi non è ancora sistematicamente integrata nei percorsi oncologici italiani - spiega Grosso -. È necessario rendere omogenee le pratiche e avviare una presa in carico dietologica strutturata, con monitoraggio e prescrizioni personalizzate almeno per i pazienti a rischio". "L'integrazione della valutazione e del supporto nutrizionale non può più essere considerata accessoria, ma parte integrante e sistematica del percorso oncologico", conclude Tralongo.
L.Moonen--LCdB
